a cura di Lara Sciaccaluga

L’emergenza educativa con cui i genitori oggi si trovano a fare i conti è rappresentata dalle crisi di rabbia e dalle manifestazioni di aggressività anche nei
bambini piccoli. In questo senso il lockdown e la pandemia hanno certamente lasciato il segno e bambini e ragazzi stanno dando sfogo al loro malessere.
Questa situazione spaventa i genitori che, disorientati dai comportamenti dei figli, vanno alla ricerca del disturbo e della diagnosi.
Umberto Galimberti avverte: “È sufficiente che un bambino sia un po’ vivace e turbolento che subito viene etichettato come affetto da disturbo da deficit di
attenzione con iperattività”.
Questa sorta di rincorsa al disturbo e alla diagnosi non aiuta i genitori e prima ancora i bambini che, bisogna ricordarlo, non sono tutti uguali.
Quando vengono etichettati come “aggressivi” (senza tenere conto del contesto in cui si muovono e crescono), la conseguenza è che i loro comportamenti
e le loro dinamiche relazionali tendono a rafforzarsi, proprio a fronte di questa sorta di pregiudizio, pesantissimo da gestire anche per i genitori.
Prima di cercare presunte malattie neurologiche nei bambini e nei ragazzi, sarebbe fondamentale invece verificare se l’educazione che ricevono corrisponde ai bisogni della loro crescita età per età; diventare consapevoli che il ruolo dell’adulto fa la differenza e che i bambini hanno bisogno di adulti che non si facciano spaventare dalla loro esuberanza emotiva o dalla loro eccessiva richiesta di attenzioni. L’adulto può e deve arginare, indirizzare il piccolo, senza sottrarlo alla necessaria frustrazione che capita nelle relazioni con gli altri, anche con i coetanei. In questo senso il limite, attraverso l’uso del divieto, rassicura.
Ecco quindi l’importanza per i genitori di mettere fin dalla prima infanzia regole:poche, chiare, condivise. Essere concreti, pratici, essenziali: no ai comandi e no agli “spiegoni” infiniti che i bambini non possono capire, ma regole chiare nell’infanzia, procedure, non utilizzare l’imperativo ma creare delle routines in maniera impersonale. In questo senso le regole possono rappresentare uno spazio di libertà, di autonomia per i bambini perché come genitore delimito il territorio di crescita e pertanto il mio compito è quello di presidiare questo spazio e di tenere il limite, il confine.

È inoltre necessario che i genitori siano dei testimoni, dei modelli credibili e che facciano gioco di squadra: mai dare regole da soli, consultarsi sempre, fare staffetta educativa, parlare in prima persona plurale.
Occorre puntare sull’autonomia dei figli come fondamentale per la crescita, valorizzare i successi ottenuti e stare a fianco nella fatica senza mai sostituirsi a
loro. Vanno facilitate le autonomie: allacciarsi le scarpe, camminare dopo i 18 mesi, eliminare il passeggino dopo i due anni, mangiare da soli, abbandonare prima il ciuccio e poi il pannolino verso i tre anni di età.
Come genitori è necessario essere consapevoli che per esempio il dormire poco nei bambini e nei ragazzi facilita una maggiore aggressività, crisi di rabbia e un importante calo dell’attenzione e che l’autonomia del sonno è un aspetto educativo che mamma e papà possono gestire, così come possono limitare l’uso dei videoschermi e dei videogiochi nei ragazzini, che spesso finiscono con creare dipendenza e passività.
Bisogna poi riuscire a comprendere e a ricordare che i bambini hanno diritto ad un loro spazio/tempo da vivere nella relazione tra pari con serenità, ma
anche con la possibilità di sperimentare e sperimentarsi, che è una competenza importante da coltivare.
Infine, è necessario accompagnare i bambini e i ragazzi a vivere il più possibile esperienze nel fuori, all’aria aperta, a riprendersi i propri spazi, facilitare un ritorno alla “normalità”, mantenendo uno sguardo positivo e di fiducia sull’infanzia.